Si potrebbe pensare che Nizza sia sempre stato quel piccolo villaggio di Asterix, resistendo fieramente agli appetiti voraci della Francia, grazie a una misteriosa pozione magica preparata da chissà quale druido locale. Una pozione che le avrebbe permesso di tener testa agli invasori, come durante l’episodio eroico di Catarina Segurana nel 1543, o ancora nelle tumultuose dispute dinastiche attorno alla Madama Reale, Cristina di Francia, nel 1642.
Ma ahimè, ogni pozione ha i suoi limiti. Quella di Nizza si è esaurita durante gli assedi del 1691 e del 1705, condotti dal Re Sole in persona, Luigi XIV, cognato del duca Vittorio Amedeo II di Savoia. Come ricorda lo storico Pierre-Olivier Chaumet, queste due conquiste si inseriscono nelle guerre della Lega di Augusta e della Successione di Spagna. La strategia francese è collaudata: neutralizzare le piazzeforti nizzarde (Villefranche, Mont-Alban, Saint-Hospice), sottomettere la città, poi attaccare il castello.
La Contea di Nizza presa d’assalto
Nel 1691, il maresciallo di Catinat impiega solo due settimane per far cadere Nizza e la sua cittadella, sebbene ritenuta inespugnabile. Una sconfitta rapida che segna una svolta per la regione. Nel 1705, Louis d’Aubusson, duca di La Feuillade ottiene la capitolazione della contea, ma Luigi XIV, focalizzato sul Piemonte, rimanda l’assalto finale. Risultato: la Contea di Nizza è amministrata dai francesi, mentre la città e il suo castello rimangono nelle mani dei piemontesi.
Mentre Nizza resiste all’invasore, l’esercito francese estende il suo controllo sui dintorni. L’Escarène è occupata, Sospel è saccheggiata, il forte di La Turbie è ridotto in polvere, e le chiese non sono risparmiate – la loro argenteria finisce nei bagagli dei soldati francesi.
In questa guerra di Successione di Spagna, come riporta lo storico Henri Costamagna, Torino era l’obiettivo principale della Francia. Vauban stesso vedeva nella sua conquista il mezzo per estromettere rapidamente il duca di Savoia, Vittorio Amedeo II. Ma quest’ultimo, sebbene incalzato da tutti i lati, riuscì a tener testa ai suoi nemici davanti alla sua capitale.
Di conseguenza, Nizza divenne un obiettivo sostitutivo. Un primo assalto fu condotto da il duca di La Feuillade, a partire dal 4 marzo 1705. Tuttavia, né la capitolazione delle fortificazioni annesse e della città (come nel 1691), né un intenso bombardamento di 763 bombe riuscirono a piegare il valoroso marchese di Caraglio, che resistette con un’ostinazione degna di un gallico di Asterix.
Oggi, si immagina quasi il marchese, con un mestolo di pozione magica in mano, che sfida i cannoni francesi dall’alto delle mura. Ma anche le pozioni hanno i loro limiti, e Nizza finirà per cadere ancora una volta.
Parola d’ordine: Distruggere tutto
Nonostante gli sforzi dell’ingegnere militare Vauban per convincere Luigi XIV a preservare il castello di Nizza – considerato all’epoca come una delle fortezze più potenti e strategiche d’Europa –, il Re Sole aveva già pianificato il suo obiettivo. Il 12 ottobre 1705, invia una lettera a suo cugino, il duca di Berwick, allora comandante della provincia del Linguadoca.
Cugino. Avendo preso la decisione di far attaccare il Castello di Nizza, ho dato i miei ordini per disporre tutte le cose per iniziare questa impresa al più tardi entro la fine di questo mese e vi ho destinato per comandarla. […] Farete in modo di recarvi a Nizza il 25 di questo mese.
Lettera di Luigi XIV al duca di Berwick. Nos Souverains Savoyards, de l’Acte de Dédition 1388 à l’Annexion 1860, Guy Sampiero
L’esercito francese, sebbene ostacolato dalle intemperie, dispiega una logistica impressionante. I cannoni e i mortai, trasportati da Tolone, sono pronti a bombardare la fortezza. I 30.000 sacchi di terra servono a costruire trincee e protezioni, mentre i 12.000 strumenti permettono di scavare e fortificare le posizioni. Una dimostrazione di forza che lascia poche possibilità ai difensori nizzardi.
A partire dall’11 novembre 1705, Nizza subisce un inferno. Quasi 1.000 bombe e 40.000 palle di cannone si abbattono sulle sue mura. L’assedio, di una violenza inaudita, avrebbe causato tra i 700 e gli 800 morti e feriti tra i militari, e molti di più tra i civili. In un racconto impressionante, Berwick, basandosi sugli scritti di Eric Guilloteau, descrive la scena: «Che bello spettacolo, poiché i nemici risposero con cinquanta pezzi di cannone ai nostri 70 e ai nostri 16 mortai. L’artiglieria spara come la moschetteria, e il rumore e il fumo sono tali che non si può né vedere né sentire.»

Posizione delle principali batterie francesi intorno alla fortezza di Nizza (fine dicembre 1705)
| N° | Posizione | Armamento |
|---|---|---|
| 1 | Boulevard Carabacel | 6 cannoni |
| 2 | Vicino alla salita Carabacel | 4 cannoni |
| 3 | Fondo di avenue des Arènes | 8 mortai |
| 4 | Place du Pin | 6 cannoni e mortai |
| 5 | Angoli delle vie Scaliero e Orestis | 6 cannoni |
| 6 | Rue Maeyer | 12 cannoni |
| 7 | Vicolo Terra Amata | 12 cannoni |
| 8 | Angolo tra boulevard Carnot e avenue Lympia | 12 cannoni |
| 9 | Quai des Docks | 8 cannoni |
| 10 | Boulevard F. Pilatte | 6 cannoni e mortai |
Una distruzione in due tempi
La distruzione della fortezza, ufficialmente iniziata nel novembre 1705, aveva in realtà avuto inizio già con l’assedio del 1691, con l’esplosione spettacolare del mastio. L’abate di Saint-Pons riferisce che l’esplosione fu così potente da essere udita «non solo nella Contea, ma anche in Liguria e in Provenza». Il terremoto che seguì fu altrettanto impressionante: «la terra tremò», «la città ne tremò», e persino le campagne circostanti, fino ai conventi di Saint-Barthélemy, di Cimiez e al monastero di Saint-Pons.
I testimoni descrivono scene surreali: «tutte le porte e le finestre, sebbene chiuse e assicurate da sbarre, si aprirono e uscirono dai cardini». I vetri volarono in frantumi, come quello delle Visitandine, situato sopra il grande altare della loro chiesa.
L’esplosione immerse i luoghi nelle tenebre. «L’aria era tutta oscurata», si scrive, a causa del fumo e soprattutto di «una spessa polvere» proveniente dai tetti crollati. Questa polvere formò «una nebbia molto densa», accecando i sopravvissuti. Adreccio e Gioffredo, testimoni oculari, aggiungono un tocco quasi fantastico a questo caos: descrivono un mare «ribollente, come se fosse stato riscaldato da un immenso fuoco».
“Dal mese di febbraio fino al mese di luglio, le truppe francesi hanno abbattuto tutte le mura del nostro antico e glorioso castello, e quelle della città che rimanevano ancora in piedi”.
Honoré Giraudi, notaio, segretario del Presidente del Senato e poi del Gran Consiglio o municipalità nizzarda
Nelle sue ricerche, Henri Costamagna svela con una precisione impressionante i dettagli della demolizione delle fortificazioni di Nizza all’inizio del XVIII secolo. Basandosi su una testimonianza anonima, ricostruisce le operazioni condotte dai francesi dopo la capitolazione del 1706. Questo racconto, di grande accuratezza, descrive metodicamente le fasi della distruzione, sebbene commetta un errore fissandone l’inizio all’11 febbraio.
Il testimone anonimo racconta, ad esempio, come una porta fu abbattuta: «Si è prima fatto esplodere dei petardi, poi si è passata una grossa corda sull’architrave e diversi soldati tirandola l’hanno fatta cadere… Verso le 7 ore, è stata abbattuta la facciata di questa stessa porta che guarda verso ovest, e non è rimasto che l’angolo del muro che è stato rovesciato il giorno seguente.»
Questo autore mette in luce la distruzione sistematica dei bastioni, ad eccezione di quelli di Sincaïre e di Saint-Maurice. Alcuni, come il «redan o bastione Saint-Elme», cadono rapidamente, distrutti già il 25 marzo. Altri, come il «redan di Saint-Victor», minato e abbattuto in un colpo solo il 10 aprile, o i resti del mastio, fatti esplodere l’11 maggio, mostrano la violenza implacabile delle operazioni.
Ma alcuni bastioni resistono fieramente. Il «grande bastione di Sainte-Christine», di fronte alla città, è un caso emblematico. Minato a partire dal 17 maggio, cede solo dopo diversi tentativi. Il 3 giugno, due mine non hanno «fatto molto effetto», e tre giorni dopo, altre due non avanzano di molto la distruzione, sebbene abbiano scavato «un grande buco nel bastione». Bisogna attendere il 3 luglio perché quattro mine scuotano e distruggano quasi interamente il bastione, ma sono necessari due interventi supplementari, il 9 e il 21 luglio, per ridurlo in polvere.
Costamagna, nel suo articolo, sottolinea anche i fenomeni spettacolari che accompagnano queste demolizioni, sempre riportati da questo testimone anonimo. Le mine esplodono con una violenza «spaventosa», producendo un «grande fragore» e un «rumore incessante». Il fumo è così denso che oscura il sole, come se «l’aria e il cielo stesso si coprissero per pietà o fossero anch’essi irritati contro questa sfortunata città». Le scosse sono così forti che alcuni abitanti credono a un terremoto.
Attraverso questo racconto dettagliato, le testimonianze ci immergono nell’orrore e nella brutalità di quell’epoca, in cui Nizza, un tempo fiera e fortificata, è ridotta a un campo di rovine sotto gli ordini di Luigi XIV.
Il racconto agghiacciante di Gioffredo Casalis
Nei suoi scritti, tradotti dall’italiano, lo storico Gioffredo Casalis racconta: «La mattina del 16 marzo 1705, le sue batterie iniziarono a bombardare la città. Una bomba caduta sulla chiesa di Santa Reparata, nel momento in cui vi si celebrava una messa solenne, uccise molti fedeli che vi erano radunati. Questo funesto evento portò il terrore tra i cittadini.» Il bombardamento continuò senza sosta, spingendo il marchese di Caraglio a negoziare una capitolazione con i francesi.
Secondo G. Casalis, Nizza attraversa nel 1706 un periodo di miseria e disperazione. In un contesto drammatico, il marchese di Caraglio, alle strette, riunisce un Consiglio di guerra. Di fronte all’inevitabile, la decisione è presa: accettare una capitolazione onorevole. Il 4 gennaio 1706, l’atto di capitolazione è firmato, sancendo la fine della resistenza nizzarda. Berwick, fedele agli ordini di Luigi XIV, si mette immediatamente all’opera per eseguire la demolizione sistematica delle fortificazioni. Come richiesto dal re, bisogna radere al suolo «la cittadella, il castello e la cinta bastionata della città di Nizza».
Una volta completata la distruzione, Berwick parte per Parigi per ricevere il bastone di maresciallo di Francia, ricompensa ultima per i suoi servizi. Lascia dietro di sé il marchese d’Ussone, ora al comando dell’esercito.
“Il castello è attualmente così distrutto che non si crederebbe mai che siano esistite delle fortificazioni, ma piuttosto un grande ammasso di pietre. La città è senza mura, senza bastioni e senza porte, eccetto quella del Ponte dove rimane la volta che si trova verso l’uscita, così come l’arco del Ponte che serve ad attraversare il Paillon. Si è lasciata sussistere anche la muraglia che costeggia questo ponte fino al bastione distrutto della Bocca Nera, poiché diverse case sono edificate su questa muraglia e la sua demolizione avrebbe causato il loro crollo. Si è risparmiata anche la volta della rue Pairolière. Tutto il resto è distrutto.”
Il maresciallo Berwick nel Journal des événements survenus à Nice de 1675 à 1723
Una regione in ginocchio
Le truppe francesi, a corto di viveri, si ritirano in Provenza. Le campagne nizzarde, devastate, «non offrivano più alcun mezzo di sussistenza». Gli abitanti, colpiti da una «terribile carestia», sopportano privazioni estreme. La fame scatena una «crudele epidemia». Nei mesi di giugno e luglio 1706, la mortalità raggiunge proporzioni spaventose. «Gli ospedali, i conventi, le case dei privati, e anche le strade e le piazze pubbliche erano ingombre di morti e moribondi.»
Il notaio Giraudi non esprime altro in un passaggio in cui afferma che «Dal mese di febbraio fino al mese di luglio, le truppe francesi hanno abbattuto tutte le mura del nostro antico e glorioso castello, e quelle della città che rimanevano ancora in piedi».
I testimoni dell’assedio di Nizza nel 1705 raccontano una città in preda alla distruzione. Le suore della Visitazione e i rettori dell’ospedale San Rocco descrivono danni immensi, i loro edifici colpiti in pieno dalle esplosioni delle mine. Uno di loro racconta come un muro di un bastione vicino al Ponte Vecchio, strappato via dalla violenza delle deflagrazioni, fu scagliato contro una casa, squarciandone la facciata fino al primo piano.
I Francescani, dal canto loro, vedono la loro chiesa e il refettorio gravemente danneggiati. Gli abitanti delle strade vicine testimoniano di case sventrate, i loro tetti e muri ridotti a macerie. In un monastero vicino, le scosse sono così violente che i muri minacciano di crollare. «Se non si fossero immediatamente sostenuti i muri, l’intera facciata sarebbe crollata», racconta ancora un testimone, nell’articolo di Henri Costamagna.
Nizza, una città aperta dopo il diluvio di fuoco
L’assedio del 1705 getta Nizza in uno dei periodi più oscuri della sua storia, forse paragonabile solo ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Le perdite umane si contano a centinaia, tra soldati e civili, mentre i sopravvissuti vagano in una città sfigurata. I bombardamenti intensi, le mine che squarciano i muri, i bastioni ridotti in macerie: Nizza non è più che un campo di rovine. Le chiese, i conventi, le case private – tutto è sventrato, distrutto, schiacciato. I testimoni raccontano di strade cosparse di morti e moribondi, di tetti crollati, di muri che ancora tremano sotto l’impatto delle esplosioni.
In questo caos, si delinea una nuova era. Sotto il giogo delle truppe di Luigi XIV, Nizza vede le sue fortificazioni ridotte in polvere, vittima di una volontà straniera. Ormai senza mura, la città si apre suo malgrado, esposta ai venti della storia.
Nizza, ormai senza difese, deve reinventarsi. Il porto franco di Carlo Emanuele I, nonostante le sue promesse, diventa solo un «porto di seconda classe», capace di accogliere a malapena un centinaio di navi. Una delusione, rispetto alle ambizioni iniziali. Ma un’altra vocazione sta già emergendo: il turismo. Già nel 1787, un osservatore nota: «La città di Nizza è diventata da qualche anno un soggiorno di delizie per il numero di stranieri che vi si radunano in inverno… Questo non lascia dubbi sul fatto che questa città diventerà in seguito una delle più importanti sulle coste d’Italia.»
I testimoni dell’epoca, tuttavia, non vedono ancora questa rinascita. I loro racconti, precisi e commoventi, si concentrano sull’orrore immediato: le esplosioni, le scosse, le rovine. Descrivono l’istante, l’emozione cruda, ma restano muti sulle cause e le conseguenze profonde di questa demolizione. Solo Vauban, nelle sue analisi, va oltre il campo strettamente militare per intravedere il futuro.
Fonti:
Pierre-Olivier Chaumet, Louis XIV, Comte de Nice, Serre Éditeur, 2006
Eric Guilloteau, Le démantèlement du Château de Nice et l’archéologie de la démolition
De 1700 à 1713 suivant le dictionnaire de G Casalis Guerre de succession d’Espagne

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