Il Bicerin, ovvero Torino in tre sorsi

Le Bicerin. Photo de Giorgio Perottino - Getty Images)

Torino, XVIII secolo. Sotto le maestose arcate, tra i sussurri delle madamine e gli sguardi penetranti degli aristocratici, nasce il Bicerin. Caffè, cioccolato, panna: tre strati, tre mondi che si sposano in una coppa. Non è una bevanda, è un rituale. Una liturgia torinese in cui l’austerità si mescola alla dolcezza, dove ogni sorso racconta l’anima di una città che non ha mai ceduto alla frivolezza. Bere un Bicerin significa abbracciare la storia, sentire il freddo delle Alpi e il calore dei salotti ovattati. Torino, severa e affascinante, si svela. E tu, non ne esci indenne.

Nel 1793, all’ombra del santuario della Consolata, dove sacro e profano si incontrano con un’eleganza tipicamente piemontese, nasce una piccola bottega. Giuseppe Dentis, un acquacedratario (venditore di acqua di cedro), serve bevande calde in bicchieri senza manico, i bicerin. Il luogo è modesto, quasi austero, con i suoi tavoli di legno e le panche consumate dal tempo. Niente di appariscente, niente di ostentatorio. Solo l’essenziale. Ma in questa semplicità, qualcosa sta accadendo. Un’alchimia. Una rivoluzione.

Non si può raccontare la storia del Bicerin senza parlare di Torino, della sua orgogliosa sabaudità, della sua anima piemontese fatta di rigore e dolcezza. Il Caffè Confetteria Al Bicerin, situato in Piazza della Consolata, è più di un caffè: è un’istituzione, un santuario laico dove si cerca un po’ di conforto, un po’ di calore, un po’ di Torino. È qui che il Bicerin è nato, più di 250 anni fa. Una ricetta semplice, ma geniale: caffè, cioccolato, panna. Tre ingredienti, tre strati, tre mondi che si uniscono in un bicchiere.

Ma prima del Bicerin, c’era la Bavareisa. Una bevanda di moda nel XVIII secolo, composta da caffè, cioccolato, latte e sciroppo, servita in grandi bicchieri. Una bevanda generosa, ma un po’ pesante, un po’ troppo. Dentis, ispirato dallo spirito torinese – rigoroso e generoso al tempo stesso –, decide di semplificare, affinare, sublimare. Prende i tre ingredienti essenziali – caffè, cioccolato, panna – e li serve separatamente, lasciando a ciascuno il compito di mescolarli a proprio piacimento. Un rituale quasi sacro, in cui ogni gesto conta.

Poi, il tempo fa il suo corso. Nel XIX secolo, i tre elementi vengono uniti in un unico bicchiere, dando vita a tre varianti: il pur e fiur (caffè e panna, l’antenato del cappuccino), il pur e barba (caffè e cioccolato, per i puristi), e il famoso ’n poc ’d tut – «un po’ di tutto». È quest’ultima versione, generosa e equilibrata, che ha conquistato i cuori e i palati, diventando l’emblema della città.

Il Bicerin, è più di una bevanda. È un simbolo, un rituale, una madeleine di Proust con accento piemontese. In questo storico caffè, tra le boiserie scure e gli specchi opacizzati dal tempo, viene servito ancora oggi come una volta. Le madamine (le signore) lo degustano dopo la messa alla Consolata, gli sgnur (signori) ne discutono tra un affare e l’altro, e i citadin (cittadini) di ogni estrazione sociale vi trovano il loro conforto.

Come scriveva Stefani-Mondo: “…è la bibita prediletta della mattina: ministri, magistrati, professori, negozianti, fattorini, cestaie, venditori e venditrici ambulanti, campagnuoli ecc, tutti spendono volentieri i loro tre soldi per rifocillarsi economicamente lo stomaco”. Il prezzo di tre soldi, cioè 15 centesimi di lira, venne mantenuto dalla metà dell’Ottocento fino al 5 dicembre del 1913, quando passò a 20. “…per venti soli centesimi si aveva il classico bicchierino che costituisce un nutritivo spuntino…”.

Come preparare e bere il Bicerin

Il segreto del Bicerin? Non mescolarlo mai. Va gustato strato dopo strato, per assaporare ogni ingrediente in tutta la sua magnificenza. La ricetta originale è di una semplicità disarmante: caffè, cioccolato e fior di latte (panna). Si inizia con un espresso leggero e aromatico, si aggiunge uno strato di cioccolato caldo – mai troppo denso –, e si conclude con una generosa colata di panna fresca. Il tutto, servito in un piccolo bicchiere senza manico, come si deve.

Oggi, il Bicerin è presente in molti caffè torinesi, ma è qui, al Caffè Al Bicerin, che ha mantenuto la sua anima. Nel 2001, è stato persino riconosciuto come «bevanda tradizionale piemontese» dalla Regione Piemonte, una consacrazione ufficiale per questa bevanda che incarna lo spirito di Torino.

Un aneddoto storico

Il Bicerin non è solo una bevanda, è anche un testimone della storia. Nel XIX secolo, mentre il Risorgimento è in pieno svolgimento e l’unità d’Italia si delinea, il conte Camillo Benso di Cavour, primo ministro e figura emblematica del movimento liberale e anticlericale, frequenta assiduamente questo caffè. Si racconta che, piuttosto che accompagnare la famiglia reale al santuario della Consolata, preferisse aspettare la loro uscita, comodamente seduto a un tavolo sotto l’orologio, osservando discretamente l’ingresso del santuario da dietro le tende.

Fonti:

La Storia, dal 1763

Storia del bicerin torinese: la bevanda a base caffè assolutamente da non mescolare